Lucio Vero Imperatore e Soldato
Frontone latino in laboratorio
Primus ipse in agmine haud saepius equo vehi, quam pedibus fatisci : tam solem torridum facile, quam diem serenum ferre : pulverem confertum pro nebula pati, sudorem in armis, ut in ludicris;
insuper habere; caput apertum soli et imbribus et grandini et nivibus, neque (se) adversus tela munitum praebere : spectandis in campo militibus operam dare, et aegros intervisere : non incuriose per militum contubernia transire, sed forte temere Syrorum munditias introspicere (et) Pannoniorum inscitias.
Sero ipse post decisa negotia lava(re) : mensa sobria, victu in castris plebeio : vinum loci, aquam temporis bibere : primam vigiliam facile vigilare, postremam jamdudum expergitus opperiri : labore magis quam otio laetari, otio ad laborem abuti : vacua militaribus tempora civilibus negotiis occupare. In paenuria subita ramis nonnumquam et frondibus pro supellectile usus est, caespitem interdum ut torum incubans.
Somnum cepit labore paratum, non silentio quaesitum. Graviora (de)mum perverse facta severe animadvertit, leviora sciens dissimulavit : locum paenitendi reliquit. Nam delicta sua plerique, dum ignorari putant, corrigunt; ubi manifesta sciunt, inpudentia obfirmantur...
Si dice che lui stesso per primo durante la marcia più di rado preferiva viaggiare con il cavallo piuttosto che stancarsi a piedi; che sopportava tanto agevolmente l’arido sole piuttosto che il giorno sereno; che sopportava la polvere piuttosto che le nuvole, il sudore in guerra come nei giochi; che trascurava il capo scoperto al sole e alle piogge alla grandine e alla neve, né egli si presentava protetto conto le armi; che dava ascolto ai soldati mirabili e visitava gli ammalati, non senza cura passava per la comunanza di abitazione dei soldati, ma temeva per esempio le raffinatezze dei Siri ed osservava a fondo le inesperienze dei Pannoni;
che si lavava tardi dopo aver fatto i propri affari; che aveva una tavola frugale, in accampamento con un vitto ordinario, beveva il vino d’occasione e l’acqua della circostanza; (si dice) che vegliava facilmente il primo turno di guardia, che attendeva l’ultima svegliato già da tempo; che gioiva più per la fatica che per l’ozio, che sfruttava il tempo libero per il lavoro; che occupava i momenti vuoti per gli affari militari e civili. In una mancanza improvvisa talora si serviva di rami e fronde al posto dell’ arnese, stando sopra un cespite talvolta come un giaciglio.
Prese sonno pronto per la fatica, non chiesto per silenzio. Infine punì severamente le cose più gravi compiute perversamente, sciente dissimulò le più lievi. Permise il momento di pentirsi. Infatti i più correggono i propri delitti, mentre pensano di essere ignorati; quando sanno manifesti, l’impudenza si rafforza.
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