L'abito non fa il monaco (Versione latino Gellio)

Nuovamente pagina 188 Numero 5

Ad Herodem Atticum, consularem virum ingenioque amoeno et Graeca facundia celebrem, adiit nobis praesentibus palliatus quispiam et crinitus...

Una volta, io ero presente, venne di fronte a Erode Attico, persona di rango consolare e celebre per il carisma personale e per la sua eloquenza greca, un uomo in mantello e lunghi capelli, e con la barba che quasi raggiungeva il petto, e domandò che gli fosse dato del denaro «per il pane». Erode gli domandò allora chi fosse e quello, con voce e espressione adirata, rispose di essere un filosofo, aggiungendo che si meravigliava che Erode ritenesse necessario di domandare quello che doveva essergli evidente.

«Quello che mi è evidente», disse Erode, «è una barba e un mantello; invece non mi è evidente il filosofo. Ora, ti prego, sii così gentile e dimmi, quali argomenti tu pensi che dovremmo considerare, per riconoscere in te un filosofo?» Nel frattempo uno dei compagni di Erode gli raccontò che il tizio era un vagabondo buono a nulla, frequentatore di sordide taverne, e che aveva l'abitudine di diventare vergognosamente fastidioso se non riceveva quello che chiedeva.

Allora Erode disse: «Diamogli del denaro, qualunque sia il suo carattere, non perché sia un uomo costui, ma perché siamo uomini noi», e ordinò di dargli denaro sufficiente ad acquistare pane per trenta giorni

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