Encomio di Elena - Gorgia (testo greco e traduzione)
Encomio di Elena – Gorgia
Testo greco e Traduzione italiana Ελένης Εγκώμιον - Γοργίας
1. Κόσμος πόλει μὲν εὐανδρία, σώματι δὲ κάλλος, ψυχῇ δὲ σοφία, πράγματι δὲ ἀρετή, λόγῳ δὲ ἀλήθεια· τὰ δὲ ἐναντία τούτων ἀκοσμία. ἄνδρα δὲ καὶ γυναῖκα καὶ λόγον καὶ ἔργον καὶ πόλιν καὶ πρᾶγμα χρὴ τὸ μὲν ἄξιον ἐπαίνου ἐπαίνῳ τιμᾶν, τῷ δὲ ἀναξίῳ μῶμον ἐπιθεῖναι· ἴση γὰρ ἁμαρτία καὶ ἀμαθία μέμφεσθαί τε τὰ ἐπαινετὰ καὶ ἐπαινεῖν τὰ μωμητά.
È decoro allo stato una balda gioventú; al corpo, bellezza; all’animo, sapienza; all’azione, virtú; alla parola, verità. Il contrario di questo, disdoro. E uomo e donna, e parola ed opera, e città e azione conviene onorar di lode, chi di lode sia degno; ma sull’indegno, riversar onta; poiché è pari colpevolezza e stoltezza tanto biasimare le cose lodevoli, quanto lodar le riprovevoli.
2. τοῦ δ' αὐτοῦ ἀνδρὸς λέξαι τε τὸ δέον ὀρθῶς καὶ ἐλέγξαι τοὺς μεμφομένους Ἑλένην, γυναῖκα περὶ ἧς ὁμόφωνος καὶ ὁμόψυχος γέγονεν ἥ τε τῶν ποιητῶν ἀκουσάντων πίστις ἥ τε τοῦ ὀνόματος φήμη, ὃ τῶν συμφορῶν μνήμη γέγονεν. ἐγὼ δὲ βούλομαι λογισμόν τινα τῷ λόγῳ δοὺς τὴν μὲν κακῶς ἀκούουσαν παῦσαι τῆς αἰτίας, τοὺς δὲ μεμφομένους ψευδομένους ἐπιδεῖξαι καὶ δείξας τἀληθὲς ἢ παῦσαι τῆς ἀμαθίας.
È invece dovere dell’uomo, sia dire rettamente ciò che si addice, sia confutare il contrario; e dunque è giusto confutare i detrattori di Elena, donna sulla quale consona e concorde si afferma e la testimonianza di tutti i poeti, e la fama del nome, divenuto simbolo delle fortunose vicende.
Pertanto io voglio, svolgendo il discorso secondo un certo metodo logico, lei cosí diffamata liberar dall’accusa, e dimostrati mentitori i suoi detrattori e svelata la verità, far cessare l’ignoranza.
3. ὅτι μὲν οὖν φύσει καὶ γένει τὰ πρῶτα τῶν πρώτων ἀνδρῶν καὶ γυναικῶν ἡ γυνὴ περὶ ἧς ὅδε ὁ λόγος, οὐκ ἄδηλον, οὐδὲ ὀλίγοις. δῆλον γὰρ ὡς μητρὸς μὲν Λήδας, πατρὸς δὲ τοῦ μὲν γενομένου θεοῦ, τοῦ δὲ λεγομένου θνητοῦ, Τυνδάρεω καὶ Διός, ὧν ὁ μὲν διὰ τὸ εἶναι ἔδοξεν, ὁ δὲ διὰ τὸ φάναι ἐλέγχθη. καὶ ἦν ὁ μὲν ἀνδρῶν κράτιστος ὁ δὲ πάντων τύραννος.
Che per nascita e stirpe fosse prima tra i primi – uomini e donne – la donna di cui ora parliamo, non c’è chi lo ignori.
Noto è infatti come sua madre fu Leda, e padre autentico un dio, putativo un mortale: Tindaro e Zeus; di cui questi, pel fatto che era, fu ritenuto suo padre;
quegli, pel fatto che appariva, fu messo in dubbio; l’uno il piú potente tra gli uomini, l’altro il supremo dominatore di tutti gli esseri.
4. ἐκ τοιούτων δὲ γενομένη ἔσχε τὸ ἰσόθεον κάλλος, ὃ λαβοῦσα καὶ οὐ λαθοῦσα ἔσχε· πλείστας δὲ πλείστοις ἐπιθυμίας ἔρωτος ἐνειργάσατο, ἑνὶ δὲ σώματι πολλὰ σώματα συνήγαγεν ἀνδρῶν ἐπὶ μεγάλοις μέγα φρονούντων, ὧν οἱ μὲν πλούτου μεγέθη, οἱ δὲ εὐγενείας παλαιᾶς εὐδοξίαν, οἱ δὲ ἀλκῆς οὶκείας εὐεξίαν, οἱ δὲ σοφίας ἐπικτήτου δύναμιν ἔσχον· καὶ ἧκον ἅπαντες ὑπ' ἔρωτός τε φιλονίκου φιλοτιμίας τε ἀνικήτου
Da tali generata, ebbe bellezza di dea, e, avutala, non nascose d’averla. Ché in moltissimi moltissime brame d’amore suscitò, e con una sola persona molte persone attirò di eroi superbi per superbi vanti:
chi avea profusion di ricchezza, chi lustro d’antica nobiltà, chi pregio di innato valore, chi superiorità di sapienza acquisita;
e tutti vennero, indotti da amore avido di vittoria e da invitta avidità di onore.
5. ὅστις μὲν οὖν καὶ δι' ὅτι καὶ ὅπως ἀπέπλησε τὸν ἔρωτα τὴν Ἑλένην λαβών, οὐ λέξω· τὸ γὰρ τοῖς εἰδόσιν ἃ ἴσασι λέγειν πίστιν μὲν ἔχει, τέρψιν δὲ οὐ φέρει. τὸν χρόνον δὲ τῷ λόγῳ τὸν τότε νῦν ὑπερβὰς ἐπὶ τὴν ἀρχὴν τοῦ μέλλοντος λόγου προβήσομαι, καὶ προθήσομαι τὰς αἰτίας, δι' ἃς εἰκὸς ἦν γενέσθαι τὸν τῆς Ἑλένης εἰς τὴν Τροίαν στόλον
Ma chi fu, e per qual motivo, e in che modo appagò l’amore colui che conquistò Elena, non lo dirò: ché il dire, a chi sa, ciò che sa, aggiunge fiducia, ma non porta diletto. E però, varcato ora, col discorso, il tempo d’allora, mi rifarò dal principio del discorso propostomi, ed esporrò le cause per le quali era naturale avvenisse la partenza di Elena verso Troia.
6. ἢ γὰρ Τύχης βουλήμασι καὶ θεῶν βουλεύμασι καὶ Ἀνάγκης ψηφίσμασιν ἔπραξεν ἃ ἔπραξεν, ἢ βίᾳ ἁρπασθεῖσα, ἢ λόγοις πεισθεῖσα, ἢ ὄψει ὲρασθεῖσα....
Infatti, ella fece quel che fece o per cieca volontà del Caso, e meditata decisione di Dèi, e decreto di Necessità;
oppure rapita per forza; o indotta con parole, - o presa da amore -. Se è per il primo motivo, è giusto che s’incolpi chi ha colpa; poiché la provvidenza divina non si può con previdenza umana impedire.
Naturale è infatti non che il piú forte sia ostacolato dal piú debole, ma il piú debole sia dal piú forte comandato e condotto; e il piú forte guidi, il piú debole segua.
E la Divinità supera l’uomo e in forza e in saggezza e nel resto. Che se dunque al Caso e alla Divinità va attribuita la colpa, Elena va dall’infamia liberata.
7. εἰ δὲ βίᾳ ἡρπάσθη καὶ ἀνόμως ἐβιάσθη καὶ ἀδίκως ὑβρίσθη, δῆλον ὅτι ὁ μὲν ἁρπάσας ὡς ὑβρίσας ἠδίκησεν, ἡ δὲ ἁρπασθεῖσα ὡς ὑβρισθεῖσα ἐδυστύχησεν....
E se per forza fu rapita, e contro legge violentata, e contro giustizia oltraggiata, è chiaro che del rapitore è la colpa, in quanto oltraggiò, e che la rapita, in quanto oltraggiata, subí una sventura.
Merita dunque, colui che intraprese da barbaro una barbara impresa, d’esser colpito e verbalmente, e legalmente, e praticamente; verbalmente, gli spetta l’accusa; legalmente, l’infamia; praticamente, la pena. Ma colei che fu violata, e dalla patria privata, e dei suoi cari orbata, come non dovrebbe esser piuttosto compianta che diffamata?
ché quello compí il male, questa lo patí; giusto è dunque che questa si compianga, quello si detesti.
compianta che diffamata? ché quello compí il male, questa lo patí; dunque è giusto che questa si compianga, quello si detesti.
8. εἰ δὲ λόγος ὁ πείσας καὶ τὴν ψυχὴν ἀπατήσας, οὐδὲ πρὸς τοῦτο χαλεπὸν ἀπολογήσασθαι καὶ τὴν αἰτίαν ἀπολύσασθαι ὧδε. λόγος δυνάστης μέγας ἐστίν, ὃς σμικροτάτῳ σώματι καὶ ἀφανεστάτῳ θειότατα ἔργα ἀποτελεῖ· δύναται γὰρ καὶ φόβον παῦσαι καὶ λύπην ἀφελεῖν καὶ χαρὰν ἐνεργάσασθαι καὶ ἔλεον ἐπαυξῆσαι. ταῦτα δὲ ὡς οὕτως ἔχει δείξω·
Se poi fu la parola a persuaderla e a illuderle l’animo, neppur questo è difficile a scusarsi e a giustificarsi cosí: la parola è un gran dominatore, che con piccolissimo corpo e invisibilissimo, divinissime cose sa compiere; riesce infatti e a calmar la paura, e a eliminare il dolore, e a suscitare la gioia, e ad aumentar la pietà. E come ciò ha luogo, lo spiegherò.
9. δεῖ δὲ καὶ δόξῃ δεῖξαι τοῖς ἀκούουσι· τὴν ποίησιν ἅπασαν καὶ νομίζω καὶ ὀνομάζω λόγον ἔχοντα μέτρον· ἧς τοὺς ἀκούοντας εἰσῆλθε καὶ φρίκη περίφοβος καὶ ἔλεος πολύδακρυς καὶ πόθος φιλοπενθής, ἐπ' ἀλλοτρίων τε πραγμάτων καὶ σωμάτων εὐτυχίαις καὶ δυσπραγίαις ἴδιόν τι πάθημα διὰ τῶν λόγων ἔπαθεν ἡ ψυχή. φέρε δὴ πρὸς ἄλλον ἀπ' ἄλλου μεταστῶ λόγον
Perché bisogna anche spiegarlo al giudizio degli uditori: la poesia nelle sue varie forme io la ritengo e la chiamo un discorso con metro, e chi l’ascolta è invaso da un brivido di spavento, da una compassione che strappa le lacrime, da una struggente brama di dolore, e l’anima patisce, per effetto delle parole, un suo proprio patimento, a sentir fortune e sfortune di fatti e di persone straniere. Ma via, torniamo al discorso di prima.
10. αἱ γὰρ ἔνθεοι διὰ λόγων ἐπῳδαὶ ἐπαγωγοὶ ἡδονῆς, ἀπαγωγοὶ λύπης γίνονται· συγγινομένη γὰρ τῇ δόξῃ τῆς ψυχῆς ἡ δύναμις τῆς ἐπῳδῆς ἔθελξε καὶ ἔπεισε καὶ μετέστησεν αὐτὴν γοητείᾷ. γοητείας δὲ καὶ μαγείας δισσαὶ τέχναι εὕρηνται, αἵ εἰσι ψυχῆς ἁμαρτήματα καὶ δόξης ἀπατήματα.
Dunque, gli ispirati incantesimi di parole sono apportatori di gioia, liberatori di pena. Aggiungendosi infatti, alla disposizione dell’anima, la potenza dell’incanto, questa la blandisce e persuade e trascina col suo fascino. Di fascinazione e magia si sono create due arti, consistenti in errori dell’animo e in inganni della mente.
11. ὅσοι δὲ ὅσους περὶ ὅσων καὶ ἔπεισαν καὶ πείθουσι δὲ ψευδῆ λόγον πλάσαντες....
E quanti, a quanti, quante cose fecero e fanno credere, foggiando un finto discorso! Che se tutti avessero, circa tutte le cose, delle passate ricordo, delle presenti coscienza, delle future previdenza, non di eguale efficacia sarebbe il medesimo discorso, qual è invece per quelli, che appunto non riescono né a ricordare il passato, né a meditare sul presente, né a divinare il futuro; sicché nel piú dei casi, i piú offrono consigliera all’anima l’impressione del momento.
La quale impressione, per esser fallace ed incerta, in fallaci ed incerte fortune implica chi se ne serve.
12. τίς οὖν αἰτία κωλύει καὶ τὴν Ἑλένην νομίσαι ἐλθεῖν ὁμοίως ἄκουσαν οὖσαν ὥσπερ εἰ βιατήρων βίᾳ ἡρπάσθη; ἡ γὰρ τῆς πειθοῦς ἕξις, καίτοι εἰ ἀνάγκης εἶδος ἔχει μὲν οὔ, τὴν δὲ δύναμιν τὴν αὐτὴν ἔχει....
Qual motivo ora impedisce di credere che Elena sia stata trascinata da lusinghe di parole, e cosí poco di sua volontà, come se fosse stata rapita con violenza?
Cosí si constaterebbe l’imperio della persuasione, la quale, pur non avendo l’apparenza dell’ineluttabilità, ne ha tuttavia la potenza. Infatti un discorso che abbia persuaso una mente, costringe la mente che ha persuaso, e a credere nei detti, e a consentire nei fatti.
Onde chi ha persuaso, in quanto ha esercitato una costrizione, è colpevole; mentre chi fu persuasa, in quanto costretta dalla forza della parola, a torto vien diffamata.
13. ὅτι δ' ἡ πειθὼ προσιοῦσα τῷ λόγῳ καὶ τὴν ψυχὴν ἐτυπώσατο ὅπως ἐβούλετο, χρὴ μαθεῖν πρῶτον μὲν τοὺς τῶν μετεωρολόγων λόγους, οἵτινες...
E poiché la persuasione, congiunta con la parola, riesce anche a dare all’anima l’impronta che vuole, bisogna apprendere anzitutto i ragionamenti dei meteorologi, i quali sostituendo ipotesi a ipotesi, distruggendone una, costruendone un’altra, fanno apparire agli occhi della mente l’incredibile e l’inconcepibile;
in secondo luogo, i dibattiti oratorii di pubblica necessità [politici e giudiziari], nei quali un solo discorso non ispirato a verità, ma scritto con arte, suol dilettare e persuadere la folla;
in terzo luogo, le schermaglie filosofiche, nelle quali si rivela anche con che rapidità l’intelligenza facilita il mutar di convinzioni dell’opinione.
14. τὸν αὐτὸν δὲ λόγον ἔχει ἥ τε τοῦ λόγου δύναμις πρὸς τὴν τῆς ψυχῆς τάξιν ἥ τε τῶν φαρμάκων τάξις πρὸς τὴν τῶν σωμάτων φύσιν....
C’è tra la potenza della parola e la disposizione dell’anima lo stesso rapporto che tra l’ufficio dei farmaci e la natura del corpo.
Come infatti certi farmaci eliminano dal corpo certi umori, e altri, altri; e alcuni troncano la malattia, altri la vita; cosí anche dei discorsi, alcuni producon dolore, altri diletto, altri paura, altri ispiran coraggio agli uditori, altri infine, con qualche persuasione perversa, avvelenano l’anima e la stregano.
15. καὶ ὅτι μέν, εἰ λόγῳ ἐπείσθη, οὐκ ἠδίκησεν ἀλλ' ἠτύχησεν, εἴρηται· τὴν δὲ τετάρτην αἰτίαν τῷ τετάρτῳ λόγῳ διέξειμι. εἰ γὰρ ἔρως ἦν ὁ ταῦτα πάντα πράξας, οὐ χαλεπῶς διαφεύξεται τὴν τῆς λεγομένης γεγονέναι ἁμαρτίας αἰτίαν. ἃ γὰρ ὁρῶμεν, ἔχει φύσιν οὐχ ἣν ἡμεῖς θέλομεν, ἀλλ' ἣν ἕκαστον ἔτυχε· διὰ δὲ τῆς ὄψεως ἡ ψυχὴ κἀν τοῖς τρόποις τυποῦται.
Ecco cosí spiegato che se ella fu persuasa con la parola, non fu colpevole, ma sventurata.
Ora la quarta causa spiegherò col quarto ragionamento. Che se fu l’amore a compiere il tutto, non sarà difficile a lei sfuggire all’accusa del fallo attribuitole. Infatti la natura delle cose che vediamo non è quale la vogliamo noi, ma quale è coessenziale a ciascuna;
e per mezzo della vista, l’anima anche nei suoi atteggiamenti ne vien modellata.
16. αὐτίκα γὰρ ὅταν πολέμια σώματα καὶ πολέμιον ἐπὶ πολεμίᾳ ὁπλίσει κόσμον χαλκοῦ καὶ σιδήρου, τοῦ μὲν ἀλεξητήρια τοῦ δὲ προβλήματα,...
Per esempio, se mai l’occhio scorge nemici armarsi contro nemici in nemica armatura di bronzo e di ferro, l’una a offesa, l’altra a difesa, subito si turba, e turba l’anima, sicché spesso avviene che si fugge atterriti, come fosse il pericolo imminente.
Poiché la consuetudine della legge, per quanto sia salda, viene scossa dalla paura prodotta dalla vista, il cui intervento fa dimenticare e il bello che risulta dalla legge, e il buono che nasce dalla vittoria.
17. ἤδη δέ τινες ἰδόντες φοβερὰ καὶ τοῦ παρόντος ἐν τῷ παρόντι χρόνῳ φρονήματος ἐξέστησαν· οὕτως ἀπέσβεσε καὶ ἐξήλασεν ὁ φόβος τὸ νόημα. πολλοὶ δὲ ματαίοις πόνοις καὶ δειναῖς νόσοις καὶ δυσιάτοις μανίαις περιέπεσον· οὕτως εἰκόνας τῶν ὁρωμένων πραγμάτων ἡ ὄψις ἐνέγραψεν ἐν τῷ φρονήματι. καὶ τὰ μὲν δειματοῦντα πολλὰ μὲν παραλείπεται, ὅμοια δ' ἐστὶ τὰ παραλειπόμενα οἷάπερ τὰ λεγόμενα.
E non di rado alcuni, alla vista di cose paurose, smarriscono nell’attimo la ragione che ancora possiedono: tanto la paura scaccia e soffoca l’intelligenza.
Molti poi cadono in vani affanni, e in gravi malattie, e in insanabili follie; a tal punto la vista ha impresso loro nella mente le immagini delle cose vedute. E di cose terribili molte ne tralascio; ché sono, le tralasciate, simili a quelle anzidette.
18. ἀλλὰ μὴν οἱ γραφεῖς ὅταν ἐκ πολλῶν χρωμάτων καὶ σωμάτων ἓν σῶμα καὶ σχῆμα τελείως ἀπεργάσωνται, τέρπουσι τὴν ὄψιν· ἡ δὲ τῶν ἀνδριάντων ποίησις καὶ ἡ τῶν ἀγαλμάτων ἐργασία θέαν ἡδεῖαν παρέσχετο τοῖς ὄμμασιν. οὕτω τὰ μὲν λυπεῖν τὰ δὲ ποθεῖν πέφυκε τὴν ὄψιν. πολλὰ δὲ πολλοῖς πολλῶν ἔρωτα καὶ πόθον ἐνεργάζεται πραγμάτων καὶ σωμάτων.
D’altro lato i pittori, quando da molti colori e corpi compongono in modo perfetto un sol corpo e una sola figura, dilettano la vista. E figure umane scolpite, figure divine cesellate sogliono offrire agli occhi un gradito spettacolo. Sicché certe cose per natura addolorano la vista, certe altre l’attirano. Ché molte cose, in molti, di molti oggetti e persone inspirano l’amore e il desiderio.
19. εἰ οὖν τῷ τοῦ Ἀλεξάνδρου σώματι τὸ τῆς Ἑλένης ὄμμα ἡσθὲν προθυμίαν καὶ ἅμιλλαν ἔρωτος τῇ ψυχῇ παρέδωκε, τί θαυμαστόν; ὃς εἰ μὲν θεὸς...
Dunque, che c’è da meravigliarsi se l’occhio di Elena, compiaciutosi del corpo di Alessandro, trasmise all’anima il desiderio e i conflitti dell’amore?
Se poi amore è un dio, e degli dei ha il divino potere, come potrebbe esser capace chi è inferiore agli dei di respingerlo e di stornarlo? Se, invece, è malattia umana e ignoranza dell’anima, non è da biasimare come una colpa, ma va reputata come una sfortuna:
venne infatti come venne, come una trappola della sorte e non come cosa voluta dalla mente, come una necessità dell’amore e non perché la cosa fosse stata preparata ad arte.
20. πῶς οὖν χρὴ δίκαιον ἡγήσασθαι τὸν τῆς Ἑλένης μῶμον, ἥτις εἴτ' ἐρασθεῖσα εἴτε λόγῳ πεισθεῖσα εἴτε βίᾳ ἁρπασθεῖσα εἴτε ὑπὸ θείας ἀνάγκης ἀναγκασθεῖσα ἔπραξεν ἃ ἔπραξε, πάντως διαφεύγει τὴν αἰτίαν;
Come dunque si può ritener giusto il disonore gettato su Elena, la quale, sia che abbia agito come ha agito perché innamorata, sia perché lusingata da parole, sia perché rapita con violenza, sia perché costretta da costrizione divina, in ogni caso è esente da colpa?
21. ἀφεῖλον τῷ λόγῳ δύσκλειαν γυναικός, ἐνέμεινα τῷ νόμῳ ὃν ἐθέμην ἐν ἀρχῇ τοῦ λόγου· ἐπειράθην καταλῦσαι μώμου ἀδικίαν καὶ δόξης ἀμαθίαν, ἐβουλήθην γράψαι τὸν λόγον Ἑλένης μὲν ἐγκώμιον, ἐμὸν δὲ παίγνιον.
Ho distrutto con la parola l’infamia d’una donna, ho tenuto fede al principio propostomi all’inizio del discorso, ho tentato di annientare l’ingiustizia di un’onta e l’infondatezza di un’opinione; ho voluto scrivere questo discorso, che fosse a Elena di encomio, a me di gioco dialettico.
Le versioni del tuo libro senza doverle cercare?