Condanna delle lotte per il primato
Utinam quidem illi principes viverent qui me post meum consulatum, cum iis ipse cederem, principem non inviti videbant!...
Volesse il cielo che vivessero almeno quei principi, che dopo il mio consolato, anche se io mi arresi a costoro, mi vedevano ben volentieri come principe! Da quale dolore credete che io sia afflitto vedendo che alcuni non capiscono, altri non si preoccupano e regolano la loro opinione non sempre in base all’utilità dello stato, ma ora in base alla speranza ora al timore? Perciò se qualcuno s’impegna per la gara del primato, cosa che non dovrebbe essere fatta, si comporta in modo molto sciocco, se metterà a confronto i vizi con la virtù; come infatti la corsa viene superata dalla corsa, così negli uomini valorosi la virtù è superata dalla virtù.
Tu, nel caso in cui io giudicassi in modo ottimale relativamente allo stato, per vincermi tu stesso giudicherai in modo pessimo? O, se vedrai l’accorrere verso di me degli onesti, inviterai i disonesti presso di te? Non lo vorrei, prima di tutto per lo stato, poi anche per la tua dignità Ma se si realizzasse il primato, che non ho mai desiderato, cosa infine potrebbe essere più desiderabile per me? Io infatti non posso essere superato dalle opinioni negative, forse potrei esserlo da quelle positive e (lo sarei) volentieri.
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