Crudeltà dei padroni a banchetto
Mi Lucili, libenter ex iis, qui a te veniunt, cognovi familiariter te cum servis tuis vivere....
Mio Lucilio, ho saputo con piacere da quelli che vengono da te che vivi amichevolmente insieme ai tuoi schiavi.
Mi ricordo infatti la tua saggezza e la tua cultura. "Sono schiavi". Dice qualcuno "Sì, ma anche uomini". "Sono schiavi, ma anche familiari. "Sono schiavi". Si ma anche umili amici. E così rido di costoro che odiano cenare con il proprio schiavo.
Per quale motivo se non per una consuetudine assai superba il padrone che cena viene circondato da una folla di schiavi che stanno in piedi? Il padrone mangia (lett. è) più di quanto contiene e con straordinaria avidità colma il ventre allargato; ma agli schiavi infelici non è lecito neppure muovere le labbra, per parlare.
Ogni bisbiglio viene frenato con il bastone e rimangono fermi tutta la notte digiuni e muti. Così accade che gli schiavi siano nemici; ma non abbiamo quelli come nemici ma li rendiamo (tali).
(By Vogue)
Versione tratta da Seneca
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