Fatale negligenza di Ipsipile
Cum Iason Colchidem petivisset, vellus aureum quaerens, insulam Lemnum nactus est. Illic simulavit se Hypsipylen, Thoantis regis filiam, uxorem ducere velle..., qui quinto quoque anno fiunt, in quibus victores coronam accipiunt.
Quando Giasone si diresse verso la Colchide, cercando il vello d'oro, raggiunse ( nanciscor ) L'isola (di) Lemno.
Qui simulòdi voler condurre in sposa Ipsipile, la figlia del re Toante, e la violentò. Ma poi fuggì, lasciando la donna sull'isola con Euneo e Deipilo, i due gemelli, che ella aveva partorito. Poi i pirati li catturarono e li vendettero a Lico, re di Nemea. Lico chiese a Ipsipile se poteva allevare anche suo figlio ed ella promise che l'avrebbe fatto. I Sette condottieri, che andavano ad attaccare Tebe, arrivarono in Nemea, dove Ipsipile in schiavitù allevava il bambino Archemoro o Ofelte, figlio del Re Lico. A colui che aveva interrogato l'oracolo se il figlio sarebbe stato sconfitto oppure no, il responso era che non lasciasse mai che il bambino fosse disposto a terra prima che potesse camminare.
Quindi, i sette generali, che andavano a Tebe, cercando acqua, si rivolsero ad Ipsipile e le domandarono se mostrava loro l'acqua. Ella, temendo di mettere a terra il bambino, vide alla fonte un altissimo sedano, su cui posò il bambino.
E mentre ella porse loro l'acqua, un serpente, guardiano della fonte, divorò il bambino. Ma Adrasto e gli altri uccisero il serpente e supplicarono Lico di non giustiziare Ipsipile, istituirono dei giochi funebri in onore del bambino, che si fanno ogni quattro anni, nei quali i vincitori ricevono una corona.
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