Giasone si impadronisce del vello d'oro
Aeetae ab oraculo responsum erat: «Tam diu regnum habebis, quamdiu ea pellis, quam Phrixus consecraverat, erit in Martis fano.». Itaque, ut...
Era stato risposto ad Eeta dall'oracolo (questo): "Governerai un regno tanto a lungo, fino a che quel vello, che Frisso aveva immortalato, rimarrà nel tempio di Marte". E così per rubare (ut + cong = prop. finale)
il vello d'oro, fece subire a Giasone situazioni assai dure; ordinò infatti che congiungesse i tori che emanavano fiamme dalle narici, che arasse con loro della terra e seminasse i denti del drago, e che uccidesse gli uomini armati nati dagli stessi denti (del drago). Ma Giunone, capendo che Giasone non poteva terminare gli incarichi senza l'aiuto di Medea, maga e figlia di Eeta, chiese a Venere di infondere amore nella donna.
Medea, presa da un folle amore, con i suoi stratagemmi, filtri e incantesimi liberò Giasone da ogni pericolo. Infatti, dopo che Giasone arò (la terra) e dai denti del drago nacquero uomini armati, su decisione di Medea, lanciò una pietra tra di loro, i quali (uomini armati), combattendo fra di loro, si uccisero gli uni con gli altri. Poi, dopo che addormentò il drago con un incantesimo e portò via il vello dal tempio, Giasone fuggì con Medea e suo fratello minore. Come Eeta si accorse che erano fuggiti con il vello d'oro, salì su una nave per fermarli.
Ma Medea, dopo aver ucciso il fratello, divise il suo corpo in pezzi che gettò in mare per ritardare il padre. Sapeva infatti che Eeta avrebbe raccolto le membra del figlio. Così (infatti) accadde: il re fermò (la sua) corsa e Giasone poté fuggire con Medea, che per lui aveva tradito la patria, il padre e il fratello.
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