Giudizi degli antichi sul furto
Lacedaemoniis, sobriis et severis hominibus, mos erat furta facere, ut narrant non pauci neque obscuri scriptores....fures publici in auro atque in purpura".
Gli uomini spartani, sobri e severi avevano, come narrano non pochi e famosi (nè poco noti) scrittori, che tramandarono le memorie dei costumi e delle leggi (compl.di argomento) degli Spartani, l'abitudine (dat.di possesso) di compiere i furti.
A Sparta i giovani compivano i furti non per turpi guadagni e né per la sordida magnificenza, ma per l'esercizio e la disciplina bellica (della guerra), perché l'abilità e l'abitudine dei furti acuiva e rafforzava gli animi dei giovani agli inganni dell'insidia alla tolleranza della sentinella (dello stare in guardia)
e alla velocità della fuga. Ma M. Catone, nell'orazione che scrisse "sul bottino", riprese fortemente a chiare parole l'impunità e la licenza dei soldati e dei condottieri, che prendevano impropriamente i beni pubblici.
ho aggiunto scrivendo, dato che mi piacquero molto, le sue parole: disse "i ladri dei furti privati trascorrono la vita nel vincolo e nelle catene (in prigione); i ladri pubblici nell'oro e nella porpora".
(By Cenerentola70)
Versione tratta da Gellio
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