L'insegnamento del latino e del greco

Si non continget quales maxime velim nutrices pueros paedagogos habere, at unus certe sit adsiduus loquendi non imperitus, qui, si qua...

Se non toccherà (capiterà) che i fanciulli abbiano nutrici come io massimamente vorrei abbiano dei pedagoghi, ma ci sia uno certamente assiduo esperto nel parlare, il quale, se per tale ragione le cose dette da queste saranno viziosamente per l'alunno presente, corregga prontamente non permetta che s'insidi (l'errore)

in lui, mentre tuttavia si comprenda ciò che ho detto precedentemente che è buono, questo come rimedio. Preferisco che il fanciullo inizi dal parlare greco, perché il latino, che è nell'uso di parecchi, per così dire si impregnerà in noi anche se non lo vogliamo, nello stesso momento dato che bisogna prima formare alle discipline greche, donde scorsero anche le nostre.

Tuttavia non vorrei che ciò avvenga pedantescamente a tal punto da parlare a lungo soltanto in greco o da apprendere, com'è di consuetudine per la maggior parte. Inciampano infatti in ciò e moltissimi difetti di pronuncia sono corrotti nella fonetica straniera e del discorso, a cui dato che le immagini greche aderiscono con assidua consuetudine, durano molto ostinatamente anche in una diversa regola del parlare.

Pertanto le parole latine non devono venire di gran lunga dopo e devono scorrere in fretta allo stesso modo. Così avverrà che, avendo iniziato ad utilizzare entrambe le lingue con ugual cura, nessuna delle due si opponga all'altra.
(By Maria D. )

Versione tratta da Quintiliano

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