La felicità consiste nell'essere paghi di sé

"Si cui", inquit, "sua non videntur amplissima, licet totius mundi dominus sit, tamen miser est". Vel si hoc modo tibi melius enuntiari...

Dice: "Se a qualcuno non sembra che le proprie cose siano molto importanti, sebbene sia il padrone dell'intero mondo, tuttavia è misero". O se ti sembra che in tal modo sia esplicitato meglio (bisogna fare ciò, non per essere schiavi delle parole ma dei sensi), (sensazioni, sentimenti), misero è colui che ritiene di non essere felicissimo, sebbene comandi sul mondo". Affinché tu sappia in verità che queste sensazioni sono comuni, è chiaro andando dicendo la natura, te ne renderai conto presso un poeta comico: non è felice, colui che non pensa di esserlo.

Infatti cosa importa quale sia il tuo stato, se ti sembra negativo? Dice cosa dunque nel caso in cui avesse detto di essere beato quello vergognosamente ricco e quello padrone di molti ma schiavo di parecchi, diventerà beato secondo il proprio giudizio?" Non importa cosa dovrei dire ma cosa senta, non cosa senta in un giorno, ma cosa (senta) assiduamente.
(By Maria D. )

Ulteriore proposta di traduzione

Se a qualcuno, dice, non sembra che i suoi beni siano grandissimi, benché sia signore di tutto il mondo, è comunque infelice.

Oppure, se preferisci che la frase sia espressa in questo modo (infatti, ciò che dobbiamo fare è non attenerci alle parole, ma al loro pensiero): è infelice chi non si ritiene beatissimo, benché comandi sul mondo.

Per sapere poi che questi concetti sono comuni, dettati come sono dalla natura stessa, li troverai presso un commediografo: non è beato chi non crede di esserlo. Che importa infatti quale sia la tua condizione, se ti sembra cattiva? E che dire allora? obietterai. Se uno ricco dissennato e uno che è signore di molti ma servo di ancor più persone si dicesse beato, sarà forse beato per sua stessa opinione?

Non conta ciò che dice, ma ciò che sente, e neppure ciò che sente in un giorno solo, ma ciò che sente costantemente.
(By Starinthesky)

Versione tratta da Seneca

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