La metamorfosi di Dafne
Daphne dulcis venustaque nimpha erat, Penei fluminis filia. In amorem eius incidit deus Apollo; illa eum spernebat celerique pede per silvas et opaca nemora omnibus sui viribus fugiebat....
Dafne era una soave e graziosa ninfa figlia del fiume Peneo. Il dio Apollo cadde in amore di lei; Ella lo disprezzava e con piede veloce fuggiva attraverso le selve i boschi ombrosi con tutte le sue forze.
Apollo, ardendo di passione, l'attirava a sé così con dolci parole e le si accostava: "Fermati, bella ninfa! Arresta la fuga! Non sono un abitante della montagna, né un umile pastore: ho Giove (mihi iuppiter est= dativo di possesso) come padre e amo unicamente te". Dafne invece lo evitava e non prestava ascolto alle sue lusinghe; anzi supplicava suo padre Peneo tra le lacrime in questo modo: "Padre, ti supplico, vieni in mio soccorso!
Se voi fiumi ne avete il potere (Vobis fluminibus est = dativo di possesso), trasformami e fammi perdere questa figura (bella) a causa della quale piacqui troppo". Subito un pesante torpore invade le sue membra, il morbido petto viene cinto da una sottile corteccia, i capelli crescono in fronde e le braccia in rami. Il piede, poco prima veloce, si ferma in pigre radici e Dafne viene trasformata in un verde e splendente alloro.
Apollo la ama anche con questo aspetto, e, per sua volontà, da quel giorno l'alloro è l'albero sacro ad Apollo, solenne premio per i poeti.
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