La metamorfosi di Egeria
Ut fabulae narrant, Numa, secundus rex Romanorum, uxorem duxerat nympham Egeriam... in gelidum fontem mutavit et eius membra in eterna undas tenuavit.
Come narrano le leggende Numa, il secondo re dei Romani, aveva condotto in sposa la ninfa Egeria.
Su consiglio della moglie, Numa aveva insegnato i riti sacri ai cittadini e aveva avvicinato un popolo selvaggio alle arti della pace. Dopo molti anni Numa perse il regno e la vita; allora la moglie Egeria abbandonò la città e si nascose nelle fitte valli della selva di Aricia. In quel luogo piangeva giorno e notte la morte del marito; gli antichi pastori sentivano le ninfe del bosco e del lago dire parole di conforto alla povera Egeria, ma tuttavia le sorelle non riuscirono mai a risollevarla.
Anche Ippolito, figlio di Teseo, (che) viveva nella selva di Aricia disse all'infelice ninfa: "non solo tu hai una sorte sventurata [dativo di possesso]; osserva ed esamina i destini simili degli altri e specialmente il mio". Egli, che il padre Teseo aveva cacciato dalla città a causa delle false accuse di Fedra, raccontò alla ninfa della sua dolorosa sorte. Durante il tragitto, un enorme toro era emerso dalle onde e aveva attaccato lo sventurato Ippolito, aveva dilaniato il suo corpo e ne aveva rotto le ossa. Diana, tuttavia, con l'aiuto di Apollo, aveva salvato il giovane, e gli aveva concesso una nuova vita e un nuovo nome. Nonostante ciò, le sofferenze altrui non poterono lenire l'infelicità di Egeria e la ninfa giaceva sempre in lacrime.
Alla fine, la pietà commosse Diana, che trasformò Egeria in una fredda sorgente e sciolse le sue membra in acque eterne. (da Ovidio)
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