Mario vanta le sue umili origini
Velim vos comparare, patres conscripti, me hominem novum, cum superbis nobilibus. Nobiles humilem progeniem meam contemnunt, sed ego illorum ignaviam odi et aspernor.
Nequeo equidem imagines neque triumphos maiorum meorum ostentare, at, si res postulet, hastas, vexillla. phaleras, multa alia militaria dona; praeterea cicatrices innumerabiles in meo corpore proferre possum.
Hae sunt - inquam - imagines meae, haec est nobilitas mea, quam mihi non hereditate maiores mei relinquerunt sed quam egomet plurimis laboribus periculusque consecutus sum. Verba mea composita non sunt neque graecas litteras didici.
At alia didici, reipublicae optima; hostem ferire, praesidia agitare, nihil metuere nisi famam turpem hiemem et aestatem eodem modo pati, inopiam et laborem eodem tempore perferre.
Vorrei che voi, padri coscritti, metteste a confronto me, "uomo nuovo", con gli arroganti nobili.
I nobili disprezzano la mia umile discendenza, io invece odio e disprezzo la loro debolezza. Quanto a me, non sono in grado di ostentare effigi, né (di ostentare) trionfi dei miei antenati, tuttavia se la cosa lo richiedesse, posso mostrare le armi, il vessillo, le falere, e i molti altri doni militari, nonché le innumerabili cicatrici che ho sul mio corpo.
Queste sono - replico - le mie effigi, questa è la mia nobiltà, che i miei antenati mi hanno lasciato in eredità, ma che io ho conquistato con molti sforzi e pericoli. Le mia parole non sono composte, né ho imparato le lettere greche.
Ma ho imparato altre cose, le cose ideali allo stato, a ferire il nemico, a praticare i presidi, a non temere nulla se non la turpe infamia, a sopportare nello stesso modo l'estate e l'inverno, l'indigenza e nello stesso tempo a sopportare la fatica.
"Vos comparare" = proposizione infinitiva
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