Reazioni all'assedio romano

Magnus fons aquae sub ipsius oppidi muro prorumpebat. Itaque a nostris extruitur agger, in quo alta turris conlocatur, non quidem quae moenibus adaequet, sed quae fontis fastigium superet....

Una grande fonte d'acqua prorompeva sotto il muro di questa stessa città. Pertanto fu costruito dai nostri un terrapieno, su cui fu collocata un'alta torre, che in verità non eguagliasse le mura (non fosse all'altezza delle mura, il verbo regge il dat) ma che superasse l'estremità della fonte.

Da questa essendo gettati i dardi con le macchine da guerra, i cittadini si allontanavano dalla fonte: per tale ragione non solo gli uomini, ma le pecore e le giumenta venivano consumati dalla sete. Spaventati da una tale disgrazia, i cittadini riempivano le botti di sego, di pece, di asticelle per tetti; le facevano rotolare dopo che le avevano bruciate (ardenti, infuocate) e nello stesso tempo combattevano molto energicamente, affinché i Romani non potessero estinguere l'incendio.

Una grande fiamma divampò in queste stesse opere di fortificazioni. Qualsiasi cosa infatti veniva lanciata, questa, soppressa (trattenuta) dalle macchine da belliche e dal terrapieno, incendiava questa stessa che si fermava.

I nostri soldati, che erano pressati dal pericoloso genere (modo) di combattere (di battaglia), tuttavia sostenevano con animo molto coraggioso ogni cosa; chiunque si trovava nelle opere di fortificazioni, si offriva ai dardi e al fuoco dei nemici.
(by Maria D.)

Versione tratta da Aulo Irzio

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