Richiesta d'aiuto contro Tolomeo Maggiore e Antioco
Senatus quin exterarum gentium legationes audiret non recusavit, cum impedire vellet ne Antiochus, Syriorum rex, Alexandria potiretur....
Il senato non rifiutò di ascoltare le ambascerie delle popolazioni straniere, poiché voleva impedire che Antioco, re dei Siriani, s’impadronisse di Alessandria.
Furono chiamati per primi gli ambasciatori alessandrini, mandati da Tolomeo e Cleopatra, che temevano di perdere la libertà. Antioco, che era stato ospite a Roma, con il pretesto di rimettere sul trono Tolomeo Maggiore, sosteneva una guerra contro il fratello minore di lui, che allora occupava Alessandria; e anzi mancò poco che, costruito un ponte sul Nilo con un lavoro fatto in fretta e trasportato al di là l’esercito, prendesse la città.
Gli ambasciatori erano giunti per lamentarsi e pregare (supini attivi con valore finale) che il senato non esitasse a portare aiuto. Dicevano infatti che tali erano i meriti del popolo romano verso Antioco, tale era l'autorità presso tutti i re e tutti i popoli, che, se essi (i Romani) avessero richiamato Antioco, essi (gli ambasciatori alessandrini) non potevano dubitare, che Antioco immediatamente si sarebbe allontanato dalle mura di Alessandria ed avrebbe ricondotto l’esercito in Siria.
I senatori convinti dalle loro preghiere, immediatamente mandarono ad Alessandria ambasciatori, dai quali fu proibito ad Antioco di continuare la guerra.
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