L'impresa di Muzio Scevola (Versione Latino Livio)
L'impresa di Muzio Scevola
Livio versione latino e traduzione
Obsidio erat nihilo minus et frumenti cum summa caritate inopia, sedendoque expugnaturum se urbem spem Porsinna habebat, cum C. Mucius,...
L'assedio non era certo meno pressante, il frumento caro e scarso e Porsenna, insistendo con la sua tattica, nutriva speranze di espugnare Roma.
Intanto, Caio Muzio, giovane di nobile famiglia, non poteva sopportare che il suo popolo, mai assediato da potenze straniere durante il periodo di schiavitù monarchica, una volta libero dovesse ora essere schiacciato dentro le mura dagli Etruschi che, in campo militare, con Roma avevano conosciuto solo sconfitte. Determinato a vendicare l'indegna situazione in atto con un qualche gesto audace, sulle prime decise, senza consultare nessuno, di penetrare nell'accampamento nemico.
Ma in sèguito, temendo che una missione priva dell'autorizzazione consolare e ignorata da tutti avrebbe potuto costargli l'arresto per diserzione se le sentinelle romane lo avessero sorpreso (accusa peraltro molto verisimile dati i tempi e il luogo), comparì di fronte al senato e disse: "Senatori, vorrei attraversare il Tevere e penetrare, se possibile, nell'accampamento nemico, ma non per fare razzia e ripagare il vandalismo con la stessa moneta. No, con l'aiuto degli dèi ho in mente qualcosa di più grande". I senatori approvano e Muzio parte con una spada nascosta sotto la veste.
Arrivato all'accampamento etrusco, si mescola nel fitto della folla di fronte al palco del re. Casualmente era giorno di paga per i soldati e c'era uno scrivano, seduto accanto al re e vestito press'a poco come lui, al quale si rivolgevano quasi tutti i soldati e che era estremamente affaccendato.
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