Sacrilegio punito con una tempesta
Pyrrus, cum in magna rei nummariae esset difficultate, quia non habebat unde stipendia militibus poscentibus praeberet, dicatos Proserpinae thesauros spoliare conatus est....
Traduzione numero 1
Pirro, essendo in grande ristrettezza economica, poiché non aveva da dove fornire gli stipendi ai soldati che li richidevano, tentò di saccheggiare i tesori offerti in voto a Proserpina.
Quel famoso Tempio era onorato con grandissima venerazione presso gli abitanti di Locri. Pirro, impadronitosi della città, scatenatosi contro i poveri cittadini con stragi e rapine, poiché non restava niente che gli uomini potessero portar via, cominciò ad allungare le mani verso il denaro sacro, incitando i pessimi amici la sua avidità.
Estratta una grande quantità d’oro che per molti anni era stato custodito nelle cavità sotterranee, ordinò di imbarcare il bottino e di trasportare a Taranto; ma il suo misfatto, intrapreso turpemente, ebbe un esito più infelice. Infatti un’improvvisa tempesta, essendo cambiati i venti sul far della notte, investita la flotta.
Sospinse le navi contro le onde. E quelle che trasportavano il sacro tesoro, squassate e distrutte dalle onde che irrompevano con gli stessi uomini andarono perdute; il giorno dopo le onde riportarono sulla spiaggia vicina al tempio, il tesoro che era rimasto attaccato alle tavole scampate dal naufragio.
Traduzione numero 2
Pirro, trovandosi in grande ristrettezza di denaro, dal momento che non aveva (fondi) da cui attingere le paghe per i soldati che (le) reclamavano, tentò di saccheggiare i tesori offerti in voto Proserpina.
Il famoso tempio (della dea) era oggetto di massima venerazione, dagli abitanti di Locri. Pirro, (dopo essersi) impadronito della città e (dopo aver) infierito contro i cittadini con stragi e ruberie, non rimanendo (più) nulla che (i suoi) uomini potessero portar via, prese ad arraffare il sacro tesoro, dato che i (suoi) fidati, pessimi (elementi), alimentavano la sua cupidigia.
Dopo aver portata alla luce un’ingente quantità d’oro – (oro) che per parecchi anni era stato custodito nelle cavità sotterranee (del tempio) – (Pirro) ordinò d’imbarcare il bottino e di trasportarlo a Taranto. Egli stesso partì, via terra. Ma tuttavia quell’azione orribile, intrapresa in modo turpe, ebbe un esito ben più infelice. Difatti, una tempesta improvvisa – (scatenata) dal mutato spirare dei venti sul far della notte – investì la flotta e sospinse le navi verso (l’alto)
mare. Le navi che trasportavano il sacro tesoro, squassate e lacerate dalla forza dei cavalloni, calarono a picco insieme col loro equipaggio; il giorno dopo, le onde riportarono – sui lidi prospicienti al tempio – il tesoro, ch’era rimasto attaccato alle tavole scampate al naufragio.
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