Maturità 2017 - Utilità della filosofia
Non est philosophia populare artificium nec ostentationi paratum;
non in verbis sed in rebus est. Nec in hoc adhibetur, ut cum aliqua oblectatione consumatur dies, ut dematur otio nausia: animum format ...
La filosofia non è un’arte destinata al pubblico né predisposta all’esibizione: non consiste in parole, ma in fatti concreti, e non si utilizza per questo, cioè perché la giornata venga trascorsa con qualche divertimento, o perché venga eliminata la noia dovuta all’ozio: ...
Traduzione letterale
La filosofia non è un’arte destinata al pubblico né predisposta all’esibizione: non consiste in parole, ma in fatti concreti, e non si utilizza per questo, cioè perché la giornata venga trascorsa con qualche divertimento, o perché venga eliminata la noia dovuta all’ozio: la filosofia educa e plasma l’animo, mette ordine nella nostra vita, regola le nostre azioni, indica le cose da fare e quelle da trascurare, siede al timone e dirige la rotta attraverso i rischi di ciò che oscilla nell’incertezza. Senza di questa nessuno può vivere con ardimento e in sicurezza: di ora in ora avvengono innumerevoli situazioni, che esigono un consiglio, che a lei dev’essere chiesto.
Qualcuno dirà: «A che mi giova la filosofia, se esiste il Fato? Qual è la sua utilità, se a governare è un dio? A che serve, se predomina il caso? Infatti non si possono mutare cose già determinate e niente si può predisporre contro gli eventi fortuiti, ma o un dio ha prevenuto la mia decisione e ha stabilito cosa dovessi fare oppure la Fortuna non permette nulla alla mia decisione». Che esista uno qualsiasi fra questi poteri, o che esistano tutti, o Lucilio, ci si deve dedicare alla filosofia.
Sia che le volontà del Fato ci tengano incatenati con legge inesorabile, sia che un dio arbitro dell’universo abbia organizzato tutto, sia che il caso dia impulso ai fatti umani e li agiti senza alcun ordine, la filosofia deve proteggerci. Ci incoraggerà a obbedire di buon grado alla divinità e con tenace riluttanza alla Fortuna; essa ci insegnerà ad assecondare la divinità e sopportare il caso.
Seneca, Epistulae morales ad Lucilium XVI, 2 (lettere a Lucilio)
Non est philosophia populare artificium nec ostentationi paratum; non in verbis sed in rebus est. Nec in hoc adhibetur, ut cum aliqua oblectatione consumatur dies, ut dematur otio nausia: animum format et fabricat, vitam disponit, actiones regit, agenda et omittenda demonstrat, sedet ad gubernaculum et per ancipitia fluctuantium (1) derigit cursum. Sine hac nemo intrepide potest vivere, nemo secure; innumerabilia accidunt singulis horis quae consilium exigant, quod ab hac petendum est.
Dicet aliquis, 'quid mihi prodest philosophia, si fatum est? quid prodest, si deus rector est? quid prodest, si casus imperat? Nam et mutari certa non possunt et nihil praeparari potest adversus incerta, sed aut consilium meum occupavit deus decrevitque quid facerem, aut consilio meo nihil fortuna permittit.' [5] Quidquid est ex his, Lucili, vel si omnia haec sunt (2), philosophandum est;
sive nos inexorabili lege fata constringunt, sive arbiter deus universi cuncta disposuit, sive casus res humanas sine ordine impellit et iactat, philosophia nos tueri debet. Haec adhortabitur ut deo libenter pareamus, ut fortunae contumaciter (3); haec docebit ut deum sequaris, feras casum.
Note di traduzione
(1) il participio potrebbe dare qualche problema: si tratta di un participio presente genitivo plurale di genere neutro. (2) questa frase non è traducibile alla lettera. (3) l’avverbio potrebbe causare qualche problema nella traduzione letterale, significa: ostinatamente, ma non è il caso di tradurre “obbedire ostinatamente alla sorte”. Il senso è un altro: obbedire con riluttanza.
Commento
Il brano è la prova chiara che conferma l’appellativo «Seneca filosofo», che viene dato in maniera scolastica e generica al grande autore latino. Seneca non è un intellettuale che crea un sistema filosofico, ma è un interprete della filosofia della vita, quella pratica quotidiana di continua ricerca interiore, che permette di arrivare alla «virtus». In effetti, nel testo scelto, Seneca cerca di dare una definizione della filosofia, assegnandole un potere e un valore straordinario. Afferma che non è un’occupazione destinata a farsi notare e non è qualcosa di artificioso, inteso come inganno o astuzia, ma è un’attitudine connaturata con la vita, che ci permette di tenere sempre la rotta giusta, che ci dà consigli per gli eventi aleatori che ci capitano, che ci deve difendere e proteggere, qualsiasi sia il motore che ha dato vita all’universo, che ci esorta a non obbedire ciecamente alla fortuna. Ma il nucleo del pensiero senecano sulla filosofia sta nell’espressione « non in verbis sed in rebus est», la filosofia non sta nelle parole, ma nei fatti.
Traduzione a cura del Prof. Silvano G. autore anche del