Discorso del re Micipsa al nipote Giugurta - Versione Sallustio
Discorso del re Micipsa al nipote Giugurta
Autore: Sallustio
Dal libro NAVIGARE
At micipsa morbo atque aetate confectus, cum intellegeret sibi finem adesse, coram amicis, cognatis filiisque, adherbale et hiempsale,...
traduzione
Ma micipsa prostrato dalla malattia e dall'età i anni e dal male, sentendosi ormai alla fine della vita, si dice che, alla presenza di amici e parenti e anche dei suoi figli Aderbale e Iempsale, si rivolgesse a Giugurta pressappoco con queste parole:
«Eri ancora piccolo, Giugurta, orfano di padre, privo di speranze e di fortuna quando io ti accolsi nel mio regno, convinto che per i miei benefici mi avresti amato non meno dei miei figli, se ne avessi generato. E non mi sono ingannato, perché, tralasciando pure altre tue grandi e nobili imprese, ultimamente, ritornando da Numanzia, hai coperto di gloria me e il mio regno: per il tuo valore i Romani da amici ci sono diventati amicissimi. In Spagna il nome della nostra famiglia si è rinverdito. E infine, cosa difficilissima tra gli uomini, con la tua gloria hai vinto l'invidia.
Ora, poiché per legge inevitabile di natura la mia vita è al termine, io ti prego e ti scongiuro, per questa destra e per la fedeltà alla corona, di avere cari questi, che ti sono per nascita cugini e per mia benevola scelta fratelli, e di non voler cercare l'amicizia degli estranei anziché conservare quella dei congiunti per sangue. Non gli eserciti né i tesori sono il sostegno del regno, ma gli amici, che non si ottengono con le armi, né si comprano con l'oro: si acquistano con i benefici e la lealtà. E chi è più amico del fratello al fratello? O quale estraneo troverai fedele, essendo nemico dei tuoi? Io vi lascio un regno stabile, se sarete retti, debole se malvagi.
La concordia, infatti, fa prosperare i piccoli stati, la discordia fa crollare anche i più grandi. Nondimeno, più che a loro, spetta a te, Giugurta, che li precedi per età e per senno, di provvedere che non accada altrimenti, perché in ogni contesa il più forte, anche se ha subito il torto, siccome può di più, pare che lo abbia fatto. Ma voi, Aderbale e Iempsale, rispettate e onorate un uomo come questo: imitandone la virtù cercate di dimostrare che io non ho adottato figli più capaci di quelli che ho generato».
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