L’entrata in scena di Gaio Mario
L’entrata in scena di Gaio Mario
Versione latino Sallustio Nuovo dalla sintassi al testo
Illum (= Marium)iam antea consulatus ingens cupido exagitabat, ad quem capiundum praeter vetustatem familiae alia omnia abunde erant:...
Già da tempo Mario era preso dall'ambizione di diventare console e, tranne la nobiltà della famiglia, possedeva tutte le doti necessarie a ricoprire questa carica:
diligenza, rettitudine, grande esperienza militare e un animo indomito in guerra, equilibrato nella pace, capace di dominare le tentazioni dei piaceri e della ricchezza, avido solo di gloria. Nato ad Arpino, dove aveva trascorso tutta la sua giovinezza, appena fu in età di portare le armi, intraprese la carriera militare, noncurante di eloquenza greca e di raffinatezze urbane: così, fra quelle sane occupazioni il suo carattere integro maturò precocemente.
Perciò quando presentò al popolo la propria candidatura al tribunato militare, benché la maggior parte di loro non conoscesse la sua faccia, la sua sola reputazione fu sufficiente a procurargli il voto di tutte le tribù. Dopo quella egli ottenne una carica dopo l'altra e tutte le volte esercitò la magistratura in modo tale, da essere considerato meritevole di rivestirne un'altra più importante. Eppure un uomo così eccezionale fino a quel momento - più tardi fu rovinato dall'ambizione - non si permetteva ad aspirare al consolato.
Infatti era ancora il tempo in cui la plebe poteva ottenere le altre cariche, ma il consolato passava dalla mano di un nobile a quella di un altro. Non c'era "uomo nuovo", per quanto di fama e di egregi meriti, che non venisse ritenuto indegno di quell'onore e quasi macchiato di qualche infamia.
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