Condotta di vita di Seneca

Ego mortem eodem vultu quo audiam videbo. Ego laboribus, quanticumque illi erunt, parebo animo fulciens corpus....

Io guarderò la stessa morte con l’espressione con cui ne sento parlare. Io asseconderò le fatiche, per quanto grandi siano, confortando il corpo con l’anima.

Io disprezzerò ugualmente le ricchezze quando ci sono e quando mancano, né sarò più triste (alquanto triste) se staranno altrove, né (sarò) più superbo (alquanto superbo)se brilleranno intorno a me. Io non sentirò gli effetti della fortuna né quando viene, né quando si allontana. Io così come considererò mie tutte le terre, così (considererò) le mie di tutti.

Io così vivrò come se sapessi che io sia nato per gli altri e ringrazierò con questo pretesto la natura (delle cose); dove, infatti, meglio del genere (umano) la natura avrebbe potuto muovere i mie interessi? Donò solo me a tutti, e (donò) a me tutti quanti. (Se) avrò qualcosa, né la custodirò con avarizia, né la dissiperò con prodigalità. Valuterò i benefici non per la quantità, né per l’efficacia, né per altro se non la considerazione che avrò da chi lo riceve; mai sarà grande per me quel dono che riceverà una persona degna.

Non farò niente per la fama, (farò) tutto per la coscienza. Anche se farò qualcosa di cui solo io sono al corrente, crederò di farla (farò finta di farla) come se il popolo (mi) stesse guardando.

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