Epistulae ad Lucilium XXVI (Seneca)
Modo dicebam tibi in conspectu esse me senectutis: iam vereor ne senectutem post me reliquerim Aliud vocabulum iam his annis, certe huic...
TRADUZIONE LETTERALE
Poco fa ti dicevo di essere al cospetto della vecchiaia: ora temo di lasciare la vecchiaia dietro di me (di morire).
Ora corrisponde un altro termine a questi anni, sicuramente a questo corpo, perché in verità la vecchiaia è il termine dell'età affaticata, non dell'età infranta. Dici (potresti dire) "è un sommo fastidio il divenir più debole e il deperire e, come dichiarerò propriamente, il liquefarsi. Non siamo infatti subito abbattuti e prostrati: siamo presi, i giorni uno ad uno sottraggono qualcosa alle forze". Pertanto vengo accostato non con paura a quel giorno in cui sono destinato ad avere il giudizio su di me. Dico fra me e me tali cose, ma pensa che io ho parlato anche con te. Sei molto giovane: cosa t'importa?
Gli anni non sono numerati. È incerto in quale momento la morte ti attende; pertanto tu attendila da un momento all'altro (in ogni momento). Forse pensi che sia superfluo imparare ciò che una volta bisogna praticare. Ciò su cui dobbiamo meditare è lo stesso: bisogna sempre apprendere ciò che non possiamo o sappiamo sperimentare. "Rifletti sulla morte (medita la morte)": colui che dice ciò ordina di riflettere sulla libertà (di meditare la libertà). Colui che sa di morire (impara che deve morire)
impara a servire; è al di sopra di ogni potenza, sicuramente al di fuori di ogni cosa. Una è la catena che ci tiene legati, l'amore della vita (per la vita), che, come non bisogna gettare via, così bisogna ridurre, così nel caso in cui quando la situazione esige, nulla ci trattiene né impedisce di essere pronti a fare subito ciò che un giorno bisogna fare. Stammi bene.
(by Maria D.)
Versione tratta da Seneca, Epistulae ad Lucilium
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