I Romani e la dignità femminile (Versione latino Valerio Massimo)
I Romani e la dignità femminile
versione latino Valerio Massimo
Quo matronale decus verecundiae munimento tutius esset, in ius vocanti matronam corpus eius adtingere non permiserunt, ut inviolata manus alienae tactu stola relinqueretur....
Traduzione letterale
E perché il decoro matronale fosse più protetto, non permisero a chi citasse una donna in tribunale di sfiorare il suo corpo, affinché la stola rimanesse inviolata al tocco di una mano altrui.
L’uso del vino era, un tempo, ignoto alle donne Romane, naturalmente per evitare che si lasciassero andare in qualcosa indecorosa, perché il grado successivo dell'intemperanza è solito dal padre Libero che si risolve nell'amore illecito;
del resto, perché la loro pudicizia non fosse rigida e fredda, ma fosse mitigata da un moderato modo di affabilità, permettendo i mariti, usavano gioielli d'oro e porpora in abbondanza;
e per rendere più grazioso il loro aspetto si tingevano con grandissima cura i capelli di rosso.
Traduzione libera
Inoltre, perché il decoro delle matrone fosse protetto dal baluardo della pudicizia, fu proibito a chi citasse una donna in tribunale di sfiorarne il corpo, affinché la sua stola rimanesse non tocca da mano altrui.
L'uso del vino era, un tempo, ignoto alle donne romane, naturalmente ad evitare che si lasciassero andare a qualche gesto indecoroso, perché il grado successivo dell'intemperanza che si deve al padre Libero si risolve generalmente nell'amore illecito.
Del resto, perché la loro pudicizia non fosse uggiosa e repellente, ma si accompagnasse ad un moderato fascino femminile - col permesso dei loro mariti usavano gioielli d'oro e porpora a profusione -, per rendere più grazioso il loro aspetto si tingevano accuratamente i capelli di rosso:
infatti allora non si temevano gli sguardi dei seduttori delle mogli altrui, ma c'era reciproco rispetto e pudore tra gli uomini nel guardare le donne e tra le donne nell'essere guardate.
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