La battaglia di Azio - Velleio Percolo

Velleio Patercolo

Advenit deinde maximi discriminis dies, quo Caesar Antoniusque productis classibus pro salute alter, in ruinam alter terrarum orbis dimicavere....

Giunse poi il giorno del grande conflitto, in cui Cesare ed Antonio, mandate avanti la flotte, combatterono uno per la salvezza, l'altro per la rovina del mondo.

Quando iniziò la battaglia, da una parte vi era di tutto - il condottiero, i rematori, i soldati -, dall'altra nessuno eccetto i soldati. Cleopatra per prima si affrettò a fuggire; Antonio preferì farsi compagno della regina che scappava piuttosto che dei suoi soldati che combattevano, e il generale, che avrebbe dovuto infuriarsi con i disertori, si rese disertore egli stesso del suo esercito.

A costoro, anche senza il comandante, perdurò la costanza di combattere a lungo e con grandissimo valore, e lottavano fino alla morte pur disperando la vittoria. Cesare, che avrebbe potuto farli uccidere con le armi, sia blandendoli con le parole, sia gridando che dichiarando che Antonio stava fuggendo, gli chiedeva per chi e con chi stessero combattendo.

Ma costoro, dopo aver a lungo combattuto per il generale assente, dopo aver abbassato a malincuore le armi, rinunciarono alla vittoria.

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