Le disgrazie di Mario

Sulla, contracto exercitu, ad Urbem rediit eamque armis occupavit. Marium cum filio et P. Sulpicio ...

Siila, preso con sé l'esercito, tornò in città e la occupò con le armi. Sancì l'esilio di Mario, con suo figlio e Publio Sulpicio I soldati a cavallo di Silla inseguirono Sulpicio e lo sgozzarono presso le paludi di Laurento.

Mario, già console sei volte e ultrasettantenne, nudo e sporco di fango, tanto che ne rimanevano puliti solo gli occhi e le narici, tirato fuori da un canneto nei pressi della palude di Marica, nella quale si era rifugiato mentre fuggiva dai cavalieri di Silla, che gli dava la caccia, fu condotto in carcere con un laccio di cuoio al collo dai duumviri di Minturno.

Fu poi scelto, perché lo uccidesse con la spada, uno schiavo pubblico di nazionalità germana, il quale, tuttavia, per puro caso era stato fatto prigioniero proprio da quel comandante durante la guerra cimbrica e, poiché riconobbe Mario, con un alto grido espresse la sua indignazione per la vicissitudine di un uomo così grande, abbandonò la spada e fuggì.

Allora i cittadini, fornitogli il necessario per il viaggio, lo fecero salire su una nave perché potesse cercare una via di scampo in Africa.

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