Le cisterne (Versione latino Vitruvio)
Le cisterne versione latino Vitruvio
sin autem loca dura erunt aut nimium venae penitus fuerint, tunc signinis operibus ex tectis aut superioribus locis excipiendae sunt copiae....
Se poi si scavasse in terreno duro, oppure non si trovasse a qualunque profondità vena d’acqua, allora debbonsi raccogliere acque, o dai tetti, o da altri luoghi alti, nelle cisterne con lastrico di smalto.
I lastrichi poi debbonsi costruire con questa composizione: cioè che prima si abbia arena ben tersa, e più aspra che si può, ed i cementi siano di selce, né ciascuno più pesante di una libbra: la calcina sia della più gagliarda, e nel mortaio la mistura sia composta di cinque parti di arena e due di calcina; e con codesta mistura, e con cementi si faccia una fodera ai muri della fossa, profondata fino a quel piano che richiede l’altezza destinatavi, e si battano con pestelli di legno ferrati.
Pestato che sia codesto smalto addossato alle pareti, lo spazio poi di mezzo occupato di terra si vuoti fino al del fondo delle dette pareti, e, spianato il suolo, si cuopra colla stessa mistura e si batta il pavimento fino a quella grossezza che sarà destinata. Codeste conserve d’acqua, ove si costruiscano duplicate o triplicate, in modo che dall’una all’altra si possano tramutare colando le acque, ne renderanno assai più salubre l’uso; imperocché se vi è un luogo al fondo ove depositi il fango, rimarrà più limpida l’acqua, e senza odore, e conserverà il suo natural sapore: in caso diverso fa d’uopo che essa sia purificata col porvi del sale.
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