Una falsa confessione
Ην ερωμενη μοι παλαι Βυζαντια μεν γενος, Λευκιππη δε τουνομα Ταυτην τεθναναι δοκων (ηρπαστο γαρ υπο ληστων εν Αιγυπτω), Μελιτη περιτυγχανω κακειθεν αλληλοις συνοντες ηκομεν ενταυθα κοινη και την Λευκιππην ευρισκομεν Σωσθενει δουλευουσαν, … Ου γαρ φερω νυν ζην, και μιαιφονος γενομενος και φιλων ην απεκτεινα
Un tempo avevo un'amata di origine bizantina, di nome Leucippe. Credendo che fosse morta (dato che fu rapita infatti da briganti in Egitto), mi imbatto in Melite e da lì cominciando a convivere siamo arrivati insieme qui troviamo che Leucippe è schiava di Sostene, un governatore dei territori di Tersandro.
In che modo Sostene ebbe la donna libera come schiava o quale unione con i predoni contro di lui, lascio a voi considerarlo. Quando, dunque, Melite apprese che la donna trovata prima era mia moglie, temendo che potessi volgere la mente a lei, decide di uccidere la donna.
E anch'io ero d'accordo (perché infatti, non bisogna che dica la verità?), poiché promisi di mostrarmi padrone delle cose che la riguardavano. Dunque, assoldo un tale per l'assassinio: la paga dell'assassinio era cento monete d'oro. E quello, dopo aver compiuto il fatto, se ne va e da allora è scomparso; ma l'amore subito si vendicò di me: come, infatti, appresi che era stata uccisa, mi pentii e piansi e l'amavo e la amo ora. Per questo parlavo di me stesso, affinché mi mandaste dall'amata.
Infatti, non sopporto ora di vivere, sia poiché sono divenuto un assassino sia poiché amo colei che ho ucciso.
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