L'imperatore Giuliano ferito a morte dai Persiani
Inizio: Cum lulianus, oblitus loricae, ... iacturam clipei formidavit.
Mentre Giuliano, non ancora rivestito di corazza, preso durante il tumulto uno scudo, affrettandosi a portare soccorso agli ultimi, si scagliava audacemente nel combattimento e da una parte e dall'altra le guardie del corpo gli gridavano di evitare la massa informe di quelli che fuggivano, un'improvvisa lancia da cavaliere, sfiorandogli la pelle del suo braccio, trapassandogli le costole, si conficcò nell'estremità inferiore del fegato. Mentre egli cercava di estrarla con la mano destra, sentì che i tendini delle dita erano stati recisi dall'arma affilata e, fatto cadere giù dal (suo) cavallo e portato nell'accampamento dal pronto accorrere dei presenti, veniva aiutato dalle pratiche mediche.
E subito dopo, essendosi mitigato un po' il dolore, terminò di temere, chiedeva le armi e il cavallo, affinché, ricondottosi in battaglia, portasse aiuto ai suoi soldati.
In lui vi era lo stesso vigore con cui quel celebre generale Epaminonda, ferito mortalmente presso Mantinea e riportato dal campo di battaglia, cercava lo scudo con inquieta sollecitudine. Dopo che lo ebbe visto vicino, morì felice, per la gravità della ferita, e lui, che intrepido spirava, temette la perdita dello scudo.
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