Psiche ruba a Venere l'onore degli altari - Versione latino Apuleio
Psiche ruba a Venere l'onore degli altari
Versione di latino di Apuleio LIBRO Laboratorio di latino 2 e dal
libro Latino a scuola latino a casa 2
Erant in quadam civitate rex et regina. hi tres numero filias forma conspicuas Habuere, sed maiores quidem natu, quamvis gratissima specie,...
C'era in una città un re e una regima che ebbero tre figlie di numero considerevoli d'aspetto, ma si credeva che le due sorelle maggiori, sebbene di graditissimo aspetto, tuttavia potessero essere celebrate, adeguatamente con lodi umane, ma la bellezza tanto eccezionale, tanto straordinaria della fanciulla più giovane non poteva essere espressa né sufficientemente lodata a causa della scarsezza del linguaggio umano. Infine molti tra i cittadini e molti stranieri, che la fama riuniva con zelante frequenza, stupiti dall'ammirazione della straordinaria bellezza, la veneravano completamente con adorazioni religiose come la stessa dea Afrodite.
Così ovunque l' opinione procedette di giorno in giorno, si spandeva, si diffondeva già nelle vicine isole e anche moltissime regioni della terra. Già molti dei mortali accorrevano per vedere la nuova meraviglia del secolo compiendo lunghi viaggi e attraversando mari profondissimi. Nessuno più navigava verso Pafo, nessuno verso Cnido e neppure alla stessa Citarea in cospetto della dea Venere.
I sacrifici si differivano, i templi si spogliavano del loro splendore, i pulvinari furono sbaragliati, si trascuravano le cerimonie, senza corone erano i simulacri, disadorni, gli altari erano resi impuri di fredda cenere. Si dicevano preghiere alla fanciulla e si voleva implorare la maestà di una dea così grande nel volto umano di quella.
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