Mai contraddire un ubriaco (Versione latino Giustino)

Mai contraddire un ubriaco Optime

Sollemni die amicos in convivium convocat. Ubi orta inter ebrios rerum a Philippo gestarum mentione praeferre se patri ipse rerumque suarum...

in un giorno di festa invita ad una riunione conviviale gli amici. Lì, essendo nata una discussione tra ubriachi sulle imprese compiute da Filippo, incominciò a anteporsi al padre a ad esaltare fino al cielo la grandezza delle proprie imprese, mentre la maggior parte dei commensali approvava.

Così mentre uno degli anziani, Clito, grazie alla fiducianell'amicizia regia, difendeva la memoria di Filippo e lodava le sue imprese, offese talmente il re che quest’ultimo, presa la spada ad una guardia del corpo, lo uccise nel bel mezzo del banchetto.

Dopo che il suo animo sfogatosi nell'uccisione si calmò e la riflessione subentrò in luogo dell'ira, considerando ora la persona dell’ucciso, ora la motivazione dell’uccisione, incominciò a pentirsi della cosa fatta. Dunque spinto al pentimento dalla stessa furia da cui prima era stato spinto alla collera, volle morire. Dapprima, abbandonatosi al pianto, abbracciava il morto, toccava le ferite e confessava la sua follia come ad uno che ascoltasse: preso un giavellotto se lo rivolse contro: e avrebbe portato a termine l’azione se gli amici non fossero intervenuti.

Questa volontà di morire rimase anche durante i giorni seguenti. Infatti si era aggiunto al pentimento il ricordo della sua nutrice e sorella di Clito, e di quel (ricordo) egli soprattutto provava vergogna, dato che le aveva dato tanto crudele ricompensa del proprio allevamento.

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