Eufileto conclude l'orazione
Gi pagina 490 numero 404
ἐγὼ μὲν οὖν, ὦ ἄνδρες, οὐκ ἰδίαν ὑπὲρ ἐμαυτοῦ νομίζω ταύτην γενέσθαι τὴν τιμωρίαν, ἀλλ᾽ ὑπὲρ τῆς πόλεως ἁπάσης: οἱ γὰρ τοιαῦτα πράττοντες,...
Io dunque, signori giudici, credo che questa punizione non sia stata privata a favore di me stesso, ma a favore della città intera; infatti coloro che compiono azioni di questo genere, vedendo quali premi sono previsti per siffatti reati, si comporteranno in modo meno scorretto verso gli altri, qualora vedano che anche voi avete la stessa opinione. Se no, molto meglio cancellare le leggi vigenti e istituirne altre che puniscano con le punizioni coloro che sorvegliano le proprie mogli, e invece garantiscano assoluta impunità a coloro che vogliono comportarsi scorrettamente verso di loro. Molto più giusto così infatti piuttosto che i cittadini subiscano imboscate dalle leggi, che da una parte impongono che, se uno sorprende un adultero, ne faccia dunque ciò che vuole, mentre i processi risultano più temibili per coloro che subiscono ingiustizia che per coloro che, contro le leggi, disonorano le mogli altrui. Io ora infatti sono in pericolo sia per la vita, sia per il patrimonio, sia per tutto quanto il resto, perché ho confidato nelle leggi della città.