La tattica temporeggiatrice del dittatore Quinto Massimo Fabio
Αννιβας συνεις την παρουσιαν του Φαβιου και βουλομενος εξ εφοδου καταπληξασθαι τους .... στρατιαν ταναντια τουτοις υπηρχε
Sentita la presenza di Fabio e volendo fin dal primo scontro sorprendere gli avversari, Annibale fatte uscire le truppe e avvicinatosi al vallo dei Romani, si schierò contro di loro. Ma dopo avere atteso un pò di tempo, siccome nessuno usciva a battaglia, di nuovo si ritirò nel proprio accampamento.
Infatti Fabio, deliberato di non esporsi e di non correre pericolo, ma di mirare in primo luogo e soprattutto alla sicurezza dei suoi sottoposti, rimaneva saldamente fermo in questa decisione. Dapprima dunque egli veniva disprezzato e offriva occasione alla diceria che egli era divenuto vile e che aveva paura del pericolo, ma col tempo obbligò tutti a riconoscere e ad ammettere che non era possibile che alcuno più intelligentemente e più saggiamente si comportasse nelle presenti circostanze.
E tosto anche i fatti resero testimonianza al suo modo di ragionare. E ciò accadde naturalmente. Si dava infatti il caso che le truppe dei nemici fin dalla prima giovinezza erano state continuamente esercitate nelle imprese guerresche e avevano un condottiero che era cresciuto insieme con loro e sin da fanciullo era esperto delle necessità della guerra campale e avevano vinto molte battaglie in Spagna e due volte successivamente i Romani e i loro alleati e, quel che più conta, disperando di ogni altra cosa, riponevano l'unica speranza della loro salvezza nel vincere; invece riguardo all'esercito romano accadeva il contrario di tutto ciò
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