Virgilio Bucoliche I 40 - 63
TITYRUS: Quid facerem? Neque servitio me exire licebat nec tam praesentis alibi cognoscere divos....
TITIRO: Cosa avrei dovuto fare? Non mi era permesso di uscire dalla schiavitù né di conoscere altrove divinità così propizie Qui io vidi quel giovane, o Melibeo, per il quale ogni anno i nostri altari fumano per dodicigiorni.
Qui a me che lo chiedevo, quello per primo (mi) diede una risposta: “Pascolate come prima i buoi, o ragazzi; allevate i tori”. MELIBEO: O vecchio fortunato, quindi rimarranno tuoi i campi. Ed (erano) abbastanza grandi per te, anche se la pietra nuda e la palude col giunco fangoso ricoprono tutti i pascoli: insoliti pascoli non nuoceranno alle pesanti pecore gravide, né pericolosi contagi di un gregge vicino le danneggerà.
O vecchio fortunato, qui tra i fiumi noti e le fonti sacre prenderai il fresco ombreggiato. Da un lato dal vicino limite, la siepe di sempre, succhiata nel fiore del salice dalle api iblee, spesso ti concilierà [suadebit inire] il sonno con un lieve sussurro: dall’altro ai piedi di un’alta rupe canterà il potatore ai venti; né tuttavia frattanto le rauche colombe, tua cura, né la tortora cesseranno di tubare dall’alto dell’olmo. TITIRO:
Dunque i cervi pasceranno leggeri nell’etere e i flutti abbandoneranno nudi i pesci sulla spiaggia, dopo aver percorso i territori di entrambi, esule o il Parto berrà l’Arari o la Germania (berrà) il Tigri, prima che svanisca dal nostro cuore il suo volto.
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