La nostalgia dei cari - verba iuvant 2 pagina 347 numero 6
Ego ad vos litteras mitto minus saepe quam possum...
Io spedisco a voi delle lettere meno spesso di quanto posso, perché tutti i momenti mi sono miseri (sto attraversando ogni istante misero) e quando o vi scrivo o leggo le vostre lettere, mitigo a stento con le lacrime così da non poter sopportare il dolore.
Volesse il cielo che fossi stato meno desideroso della vita! Certamente nella vita non ho visto niente o non molto di male. Io sono stato a Brindisi presso M. Lenio Flacco tredici giorni, uomo ottimo, che per la mia salvezza ha trascurato il rischio delle fortune e della sua morte; volesse il cielo che una buona volta potessi rendergli grazia!
Ero partito da Brindisi e mi dirigevo per la Macedonia a Cizico. O me perduto! O afflitto! Dovrei chiederti, di giungere, (dovrei chiedere di giungere) alla moglie malata e sfinita nel corpo e nell'animo? Non dovrei chiederlo? Dovrei dunque stare senza di te? Credo, che farò così: se ci fosse una speranza di un mio ritorno, tu la rafforzeresti e intensificheresti la cosa; se, come io temo, non c'è speranza, in qualunque modo puoi fa in modo di giungere presso di me. Ricorderai solo questo: se ti avrò, non mi sembrerà di perire totalmente.
Abbi cura, sia se vuoi sia se non vuoi, di stare bene e di pensare che io sono turbato (smosso) più fortemente dalla tua miseria che dalla mia. Mia Terenzia, fedelissima e ottima moglie, e la mia carissima figlioletta e la mia ultima speranza, Cicerone, state bene.
(by Maria D.)
Versione tratta da Cicerone